Lampuga

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Parliamo della lampuga, un pesce dalle molteplici qualità che val la pena di riscoprire. Ma partiamo dalle presentazioni: la lampuga, nome latino Coryphaena hippurus, è conosciuta nelle diverse regioni e cittadine italiane con una miriade di nomi differenti a testimonianza della lunga tradizione che l’accompagna. Viene chiamata capone a Palermo, sfoderu a Catania, pauni o capuni a Messina, lampuca o cataluzzo a Siracusa, pesce pappagallo a Pescara, lambuga in Sardegna, capone a Vasto e la lista potrebbe continuare ancora a lungo…

Dal punto di vista gustativo è un pesce dalla polpa molto gustosa, nonostante il bassissimo apporto calorico e l’altrettanto povero contenuto in grassi (e quei pochi sono del tipo Omega-3). Le carni saporite e compatte sono invece ricche in proteine nobili, sali minerali e vitamine (soprattutto la A, utile per contrastare i disturbi visivi e per il buon accrescimento osseo).
Si presenta con un dorso verdastro e fianchi argentati che, a seconda della luce, possono prendere una tinta giallo oro. E’ bene ricordare che, dal momento della cattura, il colore tende ad affievolirsi immediatamente, perciò una livrea dalle tinte meno intense non è necessariamente indice di poca freschezza, ottimi indicatori sono invece, al solito, carni sode, branchie rosse ed occhio vivo.

In cucina la lampuga è decisamente versatile; facile da pulire e sfilettare, può essere preparata alla palermitana, ovvero cotta in un sugo di pomodoro, con soffritto di cipolla, aglio e prezzemolo; al forno, cospargendo le fette di pesce con un trito di pangrattato, olio, capperi, prezzemolo, sale e pepe oppure semplicemente passata nella farina e fritta in abbondante olio.

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